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della memoria
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Breve excursus
sulla storia
dell'iconografia funeraria
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La celebrazione del ricordo di un individuo come perpetuazione della sua memoria è uno dei più antichi usi dell’uomo, che sottende una tendenza quasi istintuale di tale pratica. E nulla può mantenere vivido il ricordo di una persona più della raffigurazione del suo volto. Così, sin dal principio del manifestarsi di tale sentore, per onorare i defunti si era istituito l’uso delle maschere mortuarie: queste consistevano nel calco di gesso del volto del soggetto riprodotto.
 
Questo però era un servizio che solo chi spiccava all’interno della società poteva garantirsi: la conservazione dell’immagine del defunto tramite le maschere era infatti un riconoscimento da parte della società tutta verso quegli uomini che se ne erano resi degni, con meriti militari oppure culturali.
 
Le maschere mortuarie hanno sempre avuto, quindi, un ruolo di primo piano nella storia dell’uomo, come ci è testimoniato anche dall’etimologia: in lingua latina il significato di maschera si dà infatti con il termine persona, con cui noi oggi indichiamo l’individuo. In questo modo si ritrova una connessione anche linguistica tra la maschera e l’uomo, tra il mantenimento del ricordo e il reale vissuto.
 
Un legame quasi indissolubile, questo, che si evince anche ripercorrendo la storia dell’uomo: tra i vari popoli che si sono succeduti nel panorama e nell’egemonia mondiale, si ritrova un interessante filo conduttore nell’importanza data al rito funebre, e all’apogeo di quest’ultimo, ossia le maschere mortuarie.
 
Già uno dei popoli più antichi, quello egizio, ha lasciato un vasto repertorio di maschere funebri, tra le quali spicca quella del faraone Tutankhamon;
in merito al periodo greco-romano celebri sono le maschere di Agamennone, attribuita al mitico re greco narrato nell’Iliade, e di Cicerone, oratore e politico romano;  nei secoli che portano dall’età medievale all’epoca moderna si sono succedute maschere di illustri personaggi, quali Dante Alighieri, Giacomo Leopardi, Blaise Pascal, Friedrich Wilhelm Nietzsche ed Isaac Newton; infine, nell’età contemporanea spiccano le maschere di Napoleone, Amedeo Modigliani e Ludwig von Beethoven.
 
Ciò che si evince da questa periodizzazione è che le maschere mortuarie sono sempre state considerate, come già accennato, un vero e proprio privilegio: emblematico, a tale proposito, è lo ius imaginum, letteralmente il “diritto di (ricordare la propria) immagine”, istituito nell’antica Roma. Tale diritto, che era prerogativa del solo patriziato romano, predisponeva la conservazione delle maschere degli avi all’interno della propria dimora, ufficializzando così anche a livello giuridico l’esclusività dell’essere ricordato: questa rimaneva un’attribuzione circoscritta alla fascia più notabile della popolazione.
 
L’evoluzione e l’introduzione di nuove tecnologie e dell’industrializzazione che ha preso avvio dal XVII secolo ha giovato anche al settore dell’arte funeraria, che ha potuto estendere l’opportunità di essere ricordati ad una platea notevolmente più ampia di soggetti, assecondando in questo modo su larga scala quello che è un diritto inalienabile dell’uomo, a prescindere dal rango sociale di appartenenza: il coronamento di questo processo può essere visto nella fotoceramica, introdotta nel XIX secolo, che unendo la funzionalità e la resistenza della porcellana con l’invenzione della fotografia, ha permesso di sostituire le massicce e costose applicazioni calcaree precedenti.

a cura del dr. Manuel Esposito


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